Negli ultimi trenta anni la percezione collettiva dell’enogastronomia è cambiata in via radicale. Stiamo assistendo a una mutazione socio-antropologica impressionante. Nei primi anni Novanta se in un salotto di persone che non conoscevo arrivava la domanda standard: “di che ti occupi?” o la variante “che lavoro fai?”, alla risposta “scrivo di vino” la reazione era di bonaria indifferenza. Quando non di affettata preoccupazione per le mie sorti finanziarie: “ma davvero? non è un hobby? è un lavoro?”. Oggi, esattamente all’opposto, scrivere sul vino cazzate qualsiasi in un qualsiasi spazio virtuale (ormai rarissimamente cartaceo) significa qualificarsi come una rockstar.